Chiamami Brontolo

giovedì, ottobre 12, 2006

La strada verso una società libera


Attenzione: post molto lungo che metterà a dura prova la vostra resistenza fisica!



Foto by E.S. (Brontolo)

Leggendo ieri la decisione del re del Marocco Mohamed VI di imporre il divieto dell’uso del velo (hijab) alle donne, e di cambiare alcune foto sui libri di scuola che le ritraggono perché costume che non rappresenterebbe la generalità della società marocchina, la prima reazione è stata quella di vedere in questo fatto un chiaro passo avanti verso la laicizzazione dello stato e quindi verso una società più libera.

In realtà insieme al compiacimento per una tale decisione, percepivo un misto di disagio che proveniva dal fatto che, come liberale e libertaria convinta, la modalità con cui era stato fatto tale passo verso una maggiore diffusione della libertà, ossia attraverso un’imposizione da parte dello stato, non poteva non farmi riflettere.

In Occidente, dove la democrazia è matura e dove il concetto di libertà di scelta è abbastanza diffuso soprattutto per quanto riguarda le scelte sul piano religioso (dico abbastanza perché spesso, di recente, si assiste in Europa alla pretesa di volere far entrare nelle regole di vita pubblica ciò che dovrebbe attenere soltanto alla sfera privata), stride un poco l’idea che il percorso verso una società libera possa passare attraverso la coercizione da parte dello stato.

Per capire meglio perché istintivamente e giustamente approviamo un comportamento in Marocco che da noi avremmo considerato illiberale, è utile estraniarsi un momento dalle categorie secondo le quali la nostra cultura liberale ci porta a ragionare e cercare di comprendere il più possibile dall'interno le motivazioni che spingono re Mohamed VI a scegliere la strada della legislazione imposta dall’altro (che quindi non è conseguenza degli usi e dei costumi della società, ma cerca di indurli). Dovremmo insomma considerare giusta questa imposizione solo in funzione dell’analisi specifica della società in cui l’imposizione avviene.

Nonostante sia uno dei paesi arabi più all’avanguardia nel processo di laicizzazione dello stato (tralasciando la Turchia che lo ha concluso grazie a Kemal Ataturk e paragonandolo invece alla Giordania che lo sta perseguendo a partire dal regno di re Hussein e ora con il figlio, re Abdallah II), come in tutti i paesi arabi la religione permea ogni aspetto della vita di un individuo. Nelle persone infatti sono talmente radicati gli usi imposti dalla religione che questi non costituiscono mai una scelta personale, bensì una accettazione incondizionata di qualcosa che appare ovvia per tradizione, anche perché non è quasi presente il confronto aperto con esperienze diverse. Se poi si è donne, l’accettazione incondizionata del comportamento indotto dalle regole religiose, passa anche attraverso la coercizione imposta dalla famiglia e soprattutto dagli uomini, coercizione contro la quale, anche nel caso di consapevolezza, è impossibile appellarsi alla libertà scelta.

Ed è proprio in questo contesto che l’imposizione di Mohamed VI di divieto nell’uso del velo si inserisce come evoluzione liberale e direi persino lungimirante.

È una evoluzione in senso liberale proprio perché la coercizione da parte dello stato nel vietare l’uso del velo elimina una coercizione culturale molto più subdola e relega in questo modo la religione a fatto privato: nella vita pubblica è fatto divieto di indossare un indumento che è un chiaro simbolo religioso; in privato naturalmente chiunque potrà fare ciò che crede. È possibile che inizialmente l’applicazione del divieto produca una segregazione ancora più evidente della donna, la quale verrà costretta a muoversi solo all’interno delle mura domestiche, ma per esigenza, si può presumere che piano piano ella comincerà ad uscire e che diverrà fatto normalmente accettato dalla comunità il vederla senza velo.

Al tempo stesso, come dicevo, questa decisione è a mio parere lungimirante in quanto, come nel caso della riforma del diritto di famiglia, Mohamed VI decide che il passo avanti nel processo di modernizzazione della società marocchina deve passare attraverso la tutela del ruolo della donna nella società musulmana, aumentando le libertà ad ella concesse.
Personalmente credo sia la strada giusta, data la centralità del ruolo della donna come struttura portante della famiglia anche nella società musulmana (peraltro riconosciuto dagli stessi uomini musulmani i quali sostengono sempre di averne un rispetto assoluto e totale), nonostante il totale assoggettamento della donna agli uomini di famiglia a causa dell’applicazione delle regole religiose: creando consapevolezza, mettendo le basi per la libertà di scelta tutelata dallo stato per le donne, sarà più semplice la strada verso la libertà. Un’esperienza come quella del microcredito ad esempio, ovvero piccoli crediti concessi a singole persone o gruppi di persone allo scopo di avviare un mestiere per il sostentamento proprio e della propria famiglia, in genere concessi senza garanzie reali se non quelle relative alle pressione che possono fare sull’individuo dalla comunità cui appartiene a causa del ruolo ricoperto, può dare un’idea di quanto le società musulmane si reggano sul ruolo della donna: dove la cultura prevalente è musulmana affinché aumenti la probabilità di restituzione del credito, i crediti vengono concessi per la stragrande maggioranza a donne, perché capaci di pensare in modo non egoistico, a differenza degli uomini, al futuro per lei e per la propria famiglia, attraverso la pianificazione e quindi l’investimento produttivo anziché lo spreco.

Naturalmente la via intrapresa da re Mohamed VI in Marocco, non è la sola via possibile per diffondere la cultura liberale, come in alternativa la Giordania insegna: essendo in questo paese diffuso l’amore e la stima incondizionata per il re, derivante soprattutto dal suo comportamento morigerato e dal contatto continuo con la gente (amore e stima naturalmente conquistata grazie anche al precedente regno di re Hussein), il fatto che il re dia una impronta laica alla sua vita, nella quale la religione è importante, ma è un fatto privato, propone un esempio da emulare e porta quindi la gente a vivere sempre più la religione come fatto altrettanto privato. In Giordania infatti, ad esempio, al richiamo dei muezzin alla preghiera, non si vede la folla muovere verso la moschea, come invece avviene ancora in Marocco, ma singole persone. D’altra parte in Marocco vi è un maggiore contatto con i turisti e quindi con la diversità, tanto da tollerare anche costumi molto diversi dai propri (che naturalmente però non debbono essere seguiti), e forse l’introduzione della legge sul di divieto del velo deriva anche da questa seppur minima contaminazione.

La breve comparazione proposta tra Giordania e Marocco non vuole essere esaustiva e anzi, vi sono senza dubbio altri fattori fondamentali che ne hanno influenzato il processo di laicizzazione, non ultimo ad esempio per la Girdania, gli stretti rapporti con Gran Bretagna e Stati Uniti, ma l’approfondimento di quali siano state le spinte che hanno determinato l’inizio e la prosecuzione del processo verso una società aperta dei due paesi arabi che più di altri cercano in tutti i modi di dimostrare che esiste un islam moderato, meriterebbe un post a se stante. Qui si vuole solamente sottolineare che le strade intraprese per l’avvio del processo di affermazione delle libertà individuali dai due paesi sono differenti e sembrerebbe verosimile un'interpretazione secondo la quale la modernizzazione in Giordania avvenga anche e soprattutto attraverso i costumi e l’esempio nei costumi dato dal re e la legge in seguito si adatta ai costumi moderni, in Marocco (come è già avvenuto in Turchia) attraverso la legislazione imposta dal re e i costumi si adattano di conseguenza.
Ciò che preme sottolineare, è che in entrambi i casi è bene riporre grande fiducia e speranza nella spinta moderata e liberale che questi due esempi di società musulmana cercano di imprimere alla loro società. E il mondo occidentale dovrebbe impegnarsi a sostenere questo processo.

Benvenute quindi a tutte le strade che portano in qualche modo alla libertà, compresa quella che passa attraverso una imposizione!!

PS: tengo a sottolineare che questo post non ha assolutamente la pretesa di esaurire le molte sfaccettature del processo di liberalizzazione iniziato da Marocco e Giordania; vuole solo, con estrema semplificazione, condividere alcune considerazioni fatte in merito a tale processo.

13 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ed io personalmente credo che saranno proprio i paesi musulmani non integralisti come il Marocco a salvarci dalla tentazione dello scontro di civiltà...che francamente trovo allarmante

10/13/2006 12:55 AM  
Blogger Riccardo Gallottini said...

ma davvero pensi che uno stato più sia laico e più sia libero? nei vecchi paesi musulmani, prima che i governi (dittatori per lo più) fossero pressati dall'opinione estremista, non esisteva forse la libertà? il tuo è un ottimo post, ma a me è venuto questo dubbio mentre leggevo...

10/13/2006 9:40 AM  
Anonymous Anonimo said...

cosa ne penseresti se lo stesso Stato per eliminare la costrizione della società che impone alle ragazzine di indossare minigonne le proibisse? o, viceversa, se uno stato imponesse ai suoi cittadini di viaggiare nudi quando la temperatura lo consente, perché i vestiti in toto rappresentano una costrizione religiosa?

e per quale motivo i dettami di una religione non hanno dignità pubblica e quelli di una ideologia laica si?

e, infine, perché proibire il velo a tutti, comprese coloro (ci sono) che lo portano come scelta personale, come gesto di ribellione nei confronti di una società che non approvano?

le "riforme liberali" che tu stai elogiando sono solo l'imposizione di una cultura esterna, nello specifico l'imposizione di una religione laica di stato. Comincio a pensare che tu sia comunista.

Giorgio

10/13/2006 10:37 AM  
Anonymous Anonimo said...

MOlto indicativi i commenti dei tuoi due precedenti commentatori...indicano che c'è ancora molta strada da fare....:-)

10/13/2006 12:02 PM  
Blogger Unknown said...

Complimenti , gran bel post.
Io sono normalmente dubbioso sulle modernizzazioni dall'alto, ma temo che siano il male minore, per alcune nazioni. Dove sono assenti le condizioni per uno sviluppo naturale della societa' in senso liberale, purtoppo la scelta rischia di essere limitata: fra uno stato autoritario che persegue determinate politiche o un regime che ne persegue altre, non certo fra liberta' e servitu'. Consideriamo anche come in certe nazioni non sia possibile "votare con i piedi" e sottrarsi al potere coercitivo dei corpi intermedi, che in societa' premoderne possono essere oppressivi quanto l'apparato statale. E' questo il punto che mi rende cautamente favorevole all'esperimento marocchino.

Personalmente ritengo che uno stato laico tuteli meglio sia il singolo e le Chiese rispetto ad uno confesionale, ma forse Repubblican pensava ad uno stato antireligioso, che mi pare cosa diversa da uno Stato laico.

10/13/2006 2:08 PM  
Blogger Riccardo Gallottini said...

le imposizioni che arrivano in questo periodo storico dal laicismo "professato" come alternativa allo stato religioso, mi intimoriscono. La linea che divide uno Stato antireligioso da uno laico "estremista", è davvero molto sottile. Sbaglio? forse si, ma anche perchè stiamo proprio ora assistendo allo sviluppo (inviluppo) dello Stato Laico Europeo, come Francia ed Olanda. E proprio qui, si notano clamorosi errori ed incertezze culturali. Il mio è solo un dubbio

10/13/2006 3:49 PM  
Blogger Chiamami Brontolo said...

Finalmente sono davanti ad un PC con internet!
Inyqua, anche io ripongo la speranza in paesi come Marocco e Giordania, il problmea è che per qualche motivo, come fai notare, sia più semplice non vedere i segnali positivi che provengono da questi paesi, che nel mio post cercavo di sottolineare. E' triste notare come tutto spesso vengoa ridotto a mero scontro acritico.
JCF la tua posizione è molto vicina alla mia, grazie per avermi aiutato a dare una risposta! il mio post partiva appunto con l'esprimere un dubbio, un disagio nel poter considerare, da liberale, positiva una imposizione. lo sforzo è stato quello di approfondire un poco pèer quale motivo forse in un certo contesto storico, anche una scelta del genere possa essere condivisibile.
Republican: auspicare ad uno stato laico significa semplicemente sperare che la religione non pervada ogni aspetto della vita di una persona, sperare che lo stato, che per un libertario come me dovrebbe essere minimo, non si occupi di quello che è un fatto privato delle persone. Questo è ancora più vero in stati vicini alla teocrazia, in cui la religione vissuta in modo integralista e imposta dallo stato detta ogni regola della vita.
Non penso che la religione debba essere bandita dalla vita della gente, solo non dovrebbe essere imposta in nessun modo e lo stato non dovrebbe occuparsene, come non dovrebbe occuparsi di molte altre coase che attengono alla libera scelta delle persone (tutelando proprio la libertà di scegliere). in questa accezione sinceramente si, credo che uno stato laico ed estremamente leggero si una condizione necessaria ad una società più libera.

10/13/2006 5:38 PM  
Blogger Chiamami Brontolo said...

Giorgio, la premessa alla risposta è che per me lo stato deve essere minimo, quindi non spetta allo stato intervenire in questioni di gusto o scelte private delle persone, lo stato deve semmai tutelare queste liberà e la possibilità per tutti di poter scegliere. quindi per me ha pochissime funzioni fondamentali: l'ordine pubblico ad esempio, la garanzia del rispetto delle leggi che attengono alla tutela delle libertà della persona in relazione alle libertà altrui, la vigilanza sulla trasparenza e certezza legale del mercato e delle relazioni commerciali, anche il farsi carico di garantire anche eventualmente regolando associazioni private che se ne occupano, il sostentamento minimo degli indigenti e poco altro. Quindi sicuramente non vorrei alcuna imposizione dall'alto, se dici questo sono assolutamente d'accordo con te, Il punto che voleva fare il mio post era un altro ed esprimeva proprio questo disagio a pensare che la strada per la libertà possa passare dall'imposizione. L'obiettivo del post era proprio quello di cercare di capire in che modo forse costituire una strada percorribile (anche se non mi soddisfa del tutto) in un determinato contesto culturale in cui la coercizione che deriva dalla religione così radicata in tutte le sfere della vita delle persone, anche quella dell'imposizione. Come ho scritto sul post, non parlo di contesti in cui lo stato è tendenzialmente laico e la democrazia è matura, in questi contesti non ho dubbio alcuno che l'imposizione è sempre sbagliata. Mi interrogavo soltanto in modo critico se questa fosse un'opzione in certi contesti e la conclusione è che probabilmente anche se preferisco l'opzione giordana, anche quella perseguita dal Marocco può esserlo, soprattutto osservando empiricamente che la Turchia, ha raggiunto un livello di libertà decente proprio in questo modo, con Ataturk e il Marocco sembra stia seguendo quell'esempio.
la strada è lunga ed impervia e il rischio è che andando avanti l'uso dell'imposizione diventi la norma anche quando non serve più come leva iniziale.
Mi spiace ma non credo affatto che tutto questo significhi essere comunista. Singifica essere critici e cercare di capire le motivazioni che portano ad una scelta anziché ad un'altra. Poi naturalmente si può esprimere un giudizio. Il mio, è vero, è "relativamente" positivo.

10/13/2006 6:02 PM  
Blogger Unknown said...

Rep, personalmente credo che possa esister uno stato liberale e laico che non debba essere antireligioso. La Francia non e' uno Stato laico: e' uno stato ch eha reinventato un tipo particolare di religione civica. Gli USa, la Gran Bretagna, l'Olanda in alcune fasi della sua storia calzano magigormente quali esempi di laicita'.

10/13/2006 6:03 PM  
Anonymous Anonimo said...

Sono abbastanza d'accordo con te sui presupposti (anche se ritengo che uno stato, per quanto minimo, deve comunque porre dei limiti, non vorrei che un domani ci fosse la libertà di uccidersi a vicenda per strada, magari per i maggiori di 18 anni che firmano un dato accordo... e contensto certi "incisi" che hai inserito nel post) ma penso che il metodo nel caso specifico sia estremamente scorretto.
Vietare l'uso di un indumento perché segno di distinzione politica è una azione da regime autoritario, e non aumenterà la libertà delle "svelate".
Non c'è nessuna libertà nel non indossare un velo, ci sarebbe libertà se fossero contenute le violenze domestiche, ma l'unico modo per farlo è l'educazione degli individui, non la repressione, in particolare quando le misure repressive sono stupide e futili come la proibizione di un velo.
E poi chi dice che un uomo/donna non possa sentirsi più "libero" coprendosi dagli sguardi altrui? Non c'è nessuno studio scientifico in proposito, e anche se ci fosse probabilmente sarebbe scarsamente valido

giorgio

10/13/2006 7:07 PM  
Blogger Riccardo Gallottini said...

Penso solo che un divieto cosi forte, dovrebbe farci pensare. Fino a dove lo Stato ha il diritto di dirci cosa fare? E quanto laico (e quindi liberale ma non è sinallagmatico il rapporto) è uno Stato che impone ai cittadini divieti per uscire per strada? Perchè una ragazzina francese non può coprirsi la testa? Nella Religione civica, che potrebbe ricollegarsi a quella greca, si potrebbero annidare problematiche paradossalmente più pericolose. ma è un'argomento davvero troppo grande. E io sono davvero molto molto confuso

10/14/2006 12:52 PM  
Blogger Chiamami Brontolo said...

grazie republican, penso che senz'altro la decisione del marocco si presti giustamente almeno a dei dubbi da parte di liberali. se può servire, non approvo il diveito in francia, democrazia direi matura, in cui la possibilità di scegliere è maggiormente garantita anche dal continuo confronto anche non voluto con la società occidentale.
sottolineo inoltre nuovamente che preferisco di gran lunga (e trovo per altro più efficace) l'esempio della giordania e il metodo utilizzato da questo paese nel raggiungimento di maggiore libertà.

10/14/2006 7:33 PM  
Blogger Riccardo Gallottini said...

la democrazia per te in Francia è "matura".

Per me è "marcia".

con questo chuiudo, ti ho rubato anche troppo tempo...

10/16/2006 10:08 PM  

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